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Non dire una Parola, “complotto” e “libertà di espressione”?

Oggi il termine complotto viene utilizzato spesso come facile bollatura del pensiero critico controcorrente non mainstream.

Nella narrazione di un fatto, possono essere presenti più di una chiave di lettura oltre che parziali verità, cosi come forzature ed anche parziali omissioni, volontarie o non.

Con la velocità di fruizione delle notizie abbiamo assistito ad un appiattimento del senso critico popolare dialogico a favore del pensiero riduttivo e semplicistico “a squadre”.

Ciò che viene apparentemente percepito non aderente ad una precisa scuola di pensiero viene comodamente incasellato in “complotto”, a prescindere dal suo contenuto, dalla plausibile narrazione e dalle prove fornite dalle fonti più o meno autorevoli o attendibili, la logica dualistica è spesso vittima di una esemplificazione e riduzione dei pensieri come se una delle due “verità” potesse escludere e screditare automaticamente per effetto contrario l’altra parte.
E’ necessario sempre mettere in discussione una teoria per la sua natura e la sua forma ipotesi e tesi che per essere autorevole e veritiera scientificamente deve essere messa alla prova costantemente da uno o più contraddittori.

La diversità del pensiero è occasione di dibattito e confronto, per il motivo che dibattere rafforza la consapevolezza e il senso critico della massa, dividere e schematizzare il pensiero serve al contrario per indebolire la comunità creare contrasti che il più delle volte causano un allontanamento dal “campo” e una chiusura dialogica dei singoli.
Per questo non crediamo nella censura ne ai bavagli, pericolosi strumenti di manipolazione, anzi crediamo che ogni pensiero sia meritevole e libero di essere espresso e raccontato dalla lente di chi ne traccia i suoi contorni, nell’arte ancor più come recita la costituzione italiana nell’articolo 21:

Art. 21
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, sporgere denunzia all’Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al *buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.»

*Buon costume

Principio generale che riassume i canoni fondamentali di onestà, pudore e onore espressi dalla società in una data epoca, costituendo un limite all’autonomia privata. Poiché l’ordinamento giuridico non può accordare tutela a interessi socialmente immorali, gli atti di disposizione del corpo (art. 5 c.c.) e in generale tutti i negozi giuridici contrari al buon costume sono nulli (art. 626, 634, 788, 1343, 1354, 1418 c.c.). Tuttavia, chi ha eseguito una prestazione per uno scopo che, anche da parte sua, costituisca offesa al buon costume, non può ripetere quanto ha pagato (art. 2035 c.c.; v. Ripetizione dell’indebito). Il buon costume si atteggia come clausola generale in quanto il legislatore non specifica in cosa debbano concretamente tradursi questi canoni, ma lascia la loro concreta determinazione all’interprete. La scelta è consapevole, perché la morale muta e si evolve con il passare del tempo e la società di oggi può ritenere meritevoli di tutela atti che la società di ieri reputava contrari al buon costume, e viceversa. Le deliberazioni assembleari di associazioni e fondazioni contrarie al buon costume possono essere annullate e la loro esecuzione può essere sospesa anche dall’autorità governativa (artt. 23, 25 c.c.). _ (Treccani)